Un dibattito aperto con Giuseppe Morici (Bolton Group) e Stefano Zamagni (Università di Bologna)
La mission di ELIS è “Formare Persone al lavoro” non solo in termini di acquisizione delle giuste competenze, ma con l’idea che il lavoro non sia solo un obiettivo, quanto più un’occasione di servizio agli altri: è uno strumento per il bene comune.
Il tema del profitto è da sempre oggetto di grandi discussioni nel mondo dell’impresa. Tuttavia, il guadagno non è il solo e unico driver che vale la reputazione di un’azienda. Esiste ben altro dietro le quinte: armonia, purpose, persone, valori.
Ne abbiamo parlato in un’Inspring Breakfast organizzata da ELIS con un dibattito aperto moderato da Pietro Papoff (Direttore del Consorzio ELIS) insieme a Giuseppe Morici (CEO di Bolton Group) e Stefano Zamagni (Professore ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna).
Il profitto per i veri uomini d’azienda non è né l’inizio né la fine della storia aziendale. Le aziende non sono organizzazioni economiche con una responsabilità sociale, ma sono delle organizzazioni sociali con una responsabilità economica chiarisce subito il CEO di Bolton Group. Oggi la classe manageriale è completamente alienata dal proprio lavoro poiché, le aziende ripetono un modello pensato in un’altra epoca. Quello che occorre invece fare, è ripensare il modello, perché la sostenibilità sociale e ambientale delle aziende si recupererà quando l’alienazione del manager dal suo lavoro verrà ridotta al minimo e questi tornerà a contatto con la propria umanità.
Bolton Group ha sposato il concetto di economia umana, perché, come spiegato da Morici, bisognerebbe considerare l’economia come quel qualcosa al servizio dell’essere umano e del suo sviluppo. Le aziende oggi possono quindi svolgere un ruolo fondamentale per cercare di risolvere i grandi problemi dell’umanità che caratterizzano l’età moderna (quelli degli anni ’50 erano l’accesso quelli di oggi sono l’eccesso) e quindi l’economia deve contribuire a ridurre l’eccesso, collaborando a creare nuove soluzioni per i problemi di oggi, quali: inclusione sociale, uguaglianza e sostenibilità ambientale.
Possiamo raggiungere questo obiettivo soltanto attraverso una cooperazione tra il settore pubblico e le tante competenze di finanza in possesso delle aziende private conclude Morici.
Qual è, dunque, la sfida che il management si trova ad affrontare nel nostro secolo per evitare “l’alienazione”?

Il Prof Zamagni ritiene che sia la creazione di un’armonia tra le due dimensioni del lavoro: acquisitiva ed espressiva.
La dimensione acquisitiva fa riferimento alla circostanza per cui le persone lavorano per soddisfare i bisogni della vita quotidiana. A questa condizione corrisponde il concetto di lavoro “giusto”, ma spesso ci si dimentica dell’altra dimensione, ossia quella espressiva. Per l’essere umano il lavoro è un “bisogno” perché attraverso il lavoro riesce ad affermare la propria dignità e personalità, sviluppando il proprio potenziale di vita.
Oggi ci troviamo in un’epoca “felice”, perché un’esigenza di matrice “etica” (come la valorizzazione delle persone) converge con l’esigenza delle imprese di avere successo, spiega il Professore.
In che modo allora il lavoratore può esprimere la propria “fioritura umana”?
A tal proposito si ritiene utile la distinzione tra conoscenza codificata e tacita.
La conoscenza codificata è quella che può essere trasmessa per via di codici, libri, limitandosi ad eseguire operazioni che vengono assegnate, un esempio è dato proprio dal taylorismo, che si basava su codici da trasmettere alle diverse linee operative.
La conoscenza tacita è invece quella che alberga nella testa di ciascuno di noi, ogni persona è portatrice di conoscenza tacita e non esiste un essere umano che non possa dare anche un piccolo contributo.
La gara competitiva per le aziende consisterà quindi nell’essere in grado di estrarre da ciascun collaboratore dell’impresa la conoscenza tacita di cui è portatore, valorizzando il contributo di ciascuno.
Le aziende di successo sono quelle che hanno superato la concezione tayloristica approdando a modelli organizzativi che valorizzino il potenziale creativo e generativo dei collaboratori.
Affinché tutto ciò sia possibile, è necessario, ricorda il Prof. Zamagni, combattere una battaglia culturale contro il “misoneismo” perché il misoneista è colui che non soltanto vede nero, ma pensa che nulla possa cambiare. Si tratta di coloro che “raffreddano le speranze”. È prioritario, invece, recuperare la virtù della speranza, ossia la virtù di chi sa guardare lontano perché guarda verso l’alto.