“Quando qualcuno condivide, tutti vincono” (Jim Rohn)
Le riflessioni sul concetto di “network” e di come si evolvono i rapporti sociali mi accompagnano da sempre: considero la rete (non solo quella virtuale) un vero e proprio tesoro e valore, da manutenere quotidianamente come fosse un giardino di cui prendersi cura.
Coltivare relazioni autentiche, mettersi in ascolto e fare esperienza di quanto sia possibile imparare dall’altro ricercando continuamente degli scambi che possano far crescere e arricchire, rappresenta quella meta-competenza imprescindibile che oggi chiamiamo “intelligenza collettiva”: siamo contaminati da chi abbiamo attorno, stimolati nel trovare delle soluzioni, siamo individui ma siamo anche comunità.
La storia ci insegna che nessuno è mai riuscito a sviluppare le proprie potenzialità in isolamento.
Oggi, con la diffusione di strumenti digitali, abbiamo potuto verificare quanto la costituzione di nuove modalità di legami sociali non sono più fondate su appartenenze territoriali o relazioni istituzionali, ma sulla possibilità di radunarsi intorno a centri d’interesse comuni, che hanno alla base la condivisione del sapere e l’apprendimento cooperativo, in cui ciascuno si esprime liberamente al servizio della comunità con beneficio reciproco. Questa struttura di rete, permette a ciascuno di esprimere le proprie propensioni e, l’interazione tra intelligenze diverse, stimola fortemente il pensiero connettendo spazi, Persone, contesti in maniera sempre più partecipativa.
Le nostre organizzazioni sono specchio di questo scenario sociale e le nostre Persone vengono sempre più ‘osservate’ sulla capacità di condividere la conoscenza, di portare dentro l’organizzazione stimoli che si colgono in altri contesti [Generosity] e sulla capacità di parlare linguaggi diversi con curiosità e apertura mentale e sociale, sapendo collegare Persone con competenze diverse [Connectivity].
Se dovessimo pensare a come allenare questi aspetti che oggi fanno decisamente la differenza in un contesto organizzativo, potremmo sicuramente attingere a diverse fonti e stimoli. Internet rappresenta perfettamente l’esempio di una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata che da connettiva si fa collettiva, in quanto la gente lavora con le stesse modalità del lavoro di gruppo, insieme, conservando la propria identità.

Ma da cosa si inizia?
A mio avviso considerando tutto uno stimolo, anche quello che non piace: questo consente di scegliere chi si vuole diventare. Non esistono ricette preconfezionate o decaloghi a cui attenersi: a guidare deve essere l’intelligenza relazionale, basata sull’autenticità e sul pilastro “siate givers, non takers”.
L’allenamento può iniziare con un’azione di coraggio, decidendo per esempio di aderire a una Community in cui:
- ci si può sentire parte di un progetto comune;
- si possono allenare le competenze relazionali a prescindere dal ruolo organizzativo;
- le informazioni sono per tutti e democraticamente tutti hanno diritto di parola;
- si può studiare;
- il mondo entra dentro casa;
- si può costruire un’identità professionale;
- dai, condividi, (ti) informi;
- i componenti non sono Persone che fanno numero ma creano valore.
Questo ci permette di costruire altresì un network di valore giorno dopo giorno osservando, imparando soprattutto da quello che fanno altri e lavorando su un altro punto che ritengo fondamentale legato al concetto di aspettativa: non possiamo pretendere che la crescita del nostro network dipenda dagli altri. Quanto più noi investiamo tempo nella cura della nostra rete di valore, tanto più saremo in grado di ricevere valore.

Le nostre domande guida siano allora:
- Cosa ho fatto, scritto, creato per essere riconosciuto come leader di un determinato pensiero?
- Quante volte ho preso l’iniziativa di partecipare a eventi di settore o iscrivermi a community tematiche?
- Quante volte ho utilizzato lo spazio di introduzione per la richiesta di collegamento personalizzato di LinkedIn spiegando i motivi per cui è un piacere entrare in contatto con altri professionisti?
Si può partire da questo per dare un nuovo slancio alla nostra capacità di “essere networker” (che preferisco di gran lunga al “fare network”) in cui ognuno potrà trarre vantaggio dal rapporto con una mente più grande, avvalendosi del potere intellettivo di altre Persone.
Se dovessimo chiederci quali siano oggi i più grandi nemici dell’intelligenza collettiva, non potremmo non pensare alla disinformazione, i pregiudizi e gli stereotipi. Rinforzare la verità e l’apprendimento, proteggere lo spazio per un pensiero autentico, onesto e intelligente dovranno essere la base delle nostre relazioni in modo che ogni occasione possa rappresentare una bella opportunità di crescita e di confronto con la vita, che ci chiama a vivere esperienze straordinarie sotto tanti punti di vista.
Anche (e a volte soprattutto) in rete.
In maniera collettiva.
Letture
- Pierre Levy, L’intelligenza collettiva: per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, 1996.
- Derrick De Kerkhove, Architettura dell’intelligenza, Testo & Immagine, 2001.
- Don Tapscott e Anthony D.Williams, Wikinomics 2.0. La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo, Etas, 2008.