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Marco Rossi -

Chi sei (online)?

Identità Digitale, Rivoluzione Digitale

Identità digitale: cosa sta accadendo alla tua nuova identità e perché varrà come il denaro?


Sara è a casa ed aspetta la mamma per pranzo. Suona il campanello:

Chi è ?”

Sono io Sara, apri ?”.

Sara riconosce la voce, ma controlla lo stesso lo spioncino… Sì è la mamma ed è da sola. Sara apre la porta.

La mamma ha un’ identità ben nota alla figlia, quindi Sara con due veloci controlli biometrici, prima uno “vocale” poi un “riconoscimento facciale”, le concede un accesso sicuro in casa. Ha eseguito un controllo “con due fattori” direbbe un tecnico digitale.

Questo scenario così comune oggi è stato riprodotto digitalmente, ovunque, ad esempio quando mettiamo la password per accedere ad un sito online o l’impronta/il viso per accedere allo smartphone, o accediamo alla nostra banca con una password ed un SMS OTP.

Le modalità di identificazione, che per millenni sono esistite solo nel mondo “analogico”, oggi si sviluppano velocissime e numerose nel mondo digitale, in maniera iper-sofisticata.

Quando parliamo di identità digitale, infatti, parliamo soprattutto di identificazione digitale: basti pensare ai passaporti elettronici, alle carte di identità elettroniche (la europea CIE o SPID ad esempio), ai registri bancari o telefonici digitali per poi arrivare al profilo online dei nostri social media: i software di identificazione digitale che ci consentono oggi facilmente di viaggiare, gestire il denaro, usare il nostro smartphone, fare affari, accedere ai servizi pubblici e rimanere in contatto.

Tutto questo è meraviglioso, ma allo stesso tempo il processo è stato così veloce che su molti punti non c’è stato un diffuso dibattito pubblico sul come gestire le nostre identità digitali. I social addirittura in un primo momento sono andati avanti totalmente da soli, prima che alcune regole fossero definite, ma oggi il lavoro da fare è ancora molto.

La pandemia del Covid 19, che ci ha visti costretti a lavorare e/o studiare tutti quanti da casa, ha reso più evidente l’importanza di una corretta gestione delle nostre identificazioni online. Questa avrà in futuro un importanza decisiva per la nostra esistenza, non solo digitale. Il modo in cui veniamo identificati nell’era digitale può avere enormi implicazioni per le economie, le società e gli individui.

In Europa abbiamo sviluppato un importante processo sul fronte delle identità digitali definite sovrane (quelle date dalla nazione in cui viviamo), mentre fuori Europa alcuni servizi sovrani andrebbero ancora migliorati in trasparenza e sicurezza.

Non tutti sanno infatti che noi Europei, da poco, non abbiamo solo in comune la moneta, il nostro Euro. Anche le nostre identità digitali sono comuni per tutti. La nostra nuova carta di identità elettronica (CIE), può essere riconosciuta e validata on-line per mille usi in tutti i paesi d’Europa. Ma ancor più, la CIE contiene anche una firma digitale, con la quale si possono firmare contratti. O si può usare al posto del badge aziendale. La Carta d’Identità Elettronica è parte dello standard eIDAS (electronic IDentification, Authentication and trust Services) e anche l’italico SPID è conforme a questa normativa. Questa identità ci permette di essere cittadini italiani ed europei, con gli stessi diritti riconosciuti facilmente in tutta Europa.

Non è un caso che sia una delle pochissime cose che abbiamo oggi in comune oltre la moneta.

L’identità digitale è strettamente legata al denaro. Lo spiega bene uno dei massimi esperti del settore, David Birch, nel suo libro: “Identity is the new money”. L’identificazione (e la fiducia che questa porta su chi siamo veramente), dà accesso sicuro al mondo del denaro digitale, che è fatto di fiducia in base all’idea che potrai realmente pagare.

Questo è uno dei motivi della corsa alla creazione e gestione di identità digitali sempre più complesse e complete in tanti mercati. Questo è uno dei motivi per cui la conoscenza e l’uso della nostra identità non è più solo un problema filosofico millenario del singolo individuo, ma oggi è un imperativo per tutti di capirne e definirne i limiti e gli usi come comunità.

In Scandinavia e Canada ad esempio, sono state le banche ad iniziare questo processo. BankID norvegese è il caso in cui delle banche aiutate dall’operatore mobile, hanno creato delle identità digitali che prima erano solo bancarie, ma poi sono state date in uso anche per i servizi pubblici o privati. Chiunque dall’età di 13 anni, aprendo un conto, può avere una sua identità BankID, che potrà usare poi anche per accedere ai servizi online della pubblica amministrazione.

Anche gli operatori mobili, (attraverso la GSM-Association che li riunisce a livello globale), hanno seguito un processo simile, definendo un loro standard di identificazione, chiamato “MobileConnect”. Usando come identità il numero di cellulare si può essere riconosciuti ed accedere anche a servizi bancari o pubblici. In Italia non ha trovato terreno fertile, ma ci sono molti operatori mobili al mondo che lo stanno dando in uso ai loro clienti.

Nel mondo soprattutto i social stanno costruendo nel tempo nostre identità online sempre più complesse, complete e “utili” al loro sviluppo oltre che al nostro, con una differenza rispetto ai casi già visti. Mentre per avere un’identità sovrana paghiamo delle tasse e paghiamo un conto corrente o una linea mobile per le altre di servizio, per quella dei social non si paga nulla. Il che non è strano ricordando che “quando non paghi è perché il servizio sei tu…”. Nel caso dei social tutti abbiamo in qualche modo ceduto la nostra identità digitale a chi realizza il servizio.

L’identità digitale andrebbe considerata sempre come un bene protetto, uguale per tutti, controllato da ogni individuo e tutelato dalla legge.

I programmi di identificazione sono oggi tanti, diversi, la partita per averne il controllo è in atto.

Abbiamo a mio avviso bisogno di qualcosa di diverso che racchiuda e gestisca tutte le nostre molteplici identità digitali. Necessitiamo di uno standard per la gestione delle nostre identità digitali, uguale al mondo per tutti, con delle regole d’uso trasparenti ed eque, senza le quali i decenni a venire saranno più difficili.

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Marco Rossi

Innovation believer, Founder & CEO at Movenda, VP ADIT, always curious to over understand